A pochi chilometri dalla Residenza "Le Magnolie"
Cenni Storici
Il Comune di Calderara e’ nella pianura bolognese in sinistra del Reno e il suo territorio, in passato esclusivamente agricolo, si è riempito, dalla meta’ del ’900, di insediamenti industriali ed artigianali. E’ centuriato dai Romani fin dall’epoca repubblicana.
La planimetria del ComuneLa località Sacerno, detta in passato "Mezzomondo", e’ indicata come luogo dove Ottaviano Augusto, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido si incontrarono, nel 43 Avanti Cristo, per spartirsi il mondo romano col secondo Triumvirato.
Il territorio fu occupato dai Longobardi, cui si deve, probabilmente, il toponimo di Longara e poi bonificato dagli ordini religiosi insediati nel convento di Sacerno.
Nel medioevo il Fundus Calidarius, fu feudo di una nobile famiglia, gli Ubaldini, chiamati "da Calderara" e poi Calderini. La testa di cervo e il fiore nello stemma comunale, provengono dall’araldica di queste famiglie.
Nella biblioteca comunale "Biblioreno", sono raccolti oggetti archeologici di epoca romana, provenienti da scavi di antiche case coloniche e pozzi.
In localita’ Sacerno si trovano la Rotonda romanica di Sant’Elena, del VIII sec., una croce di marmo alto medievale, chiesa e campanile rinascimentali e la stele barocca del Triumvirato.
Longara ha una piazza ed edifici religiosi del 1700 opere dell’architetto-parroco G.B. Baroni, mentre il complesso della chiesa di San Vitale ospitava, nella stagione estiva, il Cardinale Lambertini (1675/1758), poi Papa Benedetto XIV, sagace riformatore.
Importanti aggregazioni di ville si trovano a Longara e a San Vitale (Villa Tanara, del XVII sec. e Villa Donini con il parco progettato alla fine dell’800 dal Conte di Sambuy, famoso paesaggista piemontese, autore anche dei Giardini Margherita di Bologna). Di analoga importanza le ville di Tavernelle e Sacerno (Villa Paleotti del XVII sec. e le Ville Masetti e Bassi del XIX sec. con la contigua Bassi-Terracini in territorio di Sala).
Il Comune, fondato sotto il governo Napoleonico nel 1802, col nome di "San Vitale e Calderara", nel Cantone di Bologna, Distretto del Reno elesse il primo Sindaco, Agostino Carpi. Pochi anni dopo i due Comuni di Longara e Sacerno furono aggregati a Calderara.
Notevoli opere del ’900 sono il Teatro Reno, l’Acquedotto Renano, la Chiesa Parrocchiale di Calderara, alcuni edifici scolastici, il monumenti ai Caduti, un bronzo del Borghesiani e quello alla Resistenza di Nicola Zamboni e allievi.
Nella golena di S. Vitale, presso il guado del Reno, si puo’ visitare una boscosa Area di Riequilibrio Ambientale, sistemata assieme ai Comuni di Bologna e Castel Maggiore e gestita dal locale gruppo del WWF.
Nel 2001 Calderara di Reno fonda, con Anzola dell’Emilia, Crevalcore, Sala Bolognese, San Giovanni in Perciceto, Sant’Agata Bolognese, l’Associazione Intercomunale Terre d’Acqua per la gestione associata di molti compiti amministrativi. A cura del Gruppo Ricerca Storica di Calderara (2/04/2002)
Stemma
Lo stemma del Comune di Calderara è stato scelto dall’Amministrazione Comunale eletta dopo la costituzione del Regno d’Italia del 1860.
Infatti, il Comune, fondato in epoca napoleonica, sotto un regime che ripudiava le memorie feudali, non ebbe stemma nemmeno con la successiva restaurazione papalina, e fregiava gli atti con le chiavi e il triregno pontificio.
Gli araldisti incaricati dal Comune scelsero, adeguandosi alle mode medievaliste dell’epoca romantica, i temi araldici di antichi feudatari: la testa di cervo (definita "massacro di cervo") d’oro su fondo azzurro, o rosso, degli Ubaldini, grande famiglia di Signori del Mugello, un cui erede, Ottaviano, cardinale ghibellino e vescovo di Bologna (1217) fu feudatario del "fundus Calidarius".
I suoi discendenti, nominati Conti Palatini (1356), assunsero il cognome di "Caldarari", e fra essi furono famosi Giovanni di Andrea, Dottore in legge (sapientissimo, appellato "Lumen Mundi, Tuba, e Pater Iuris Canonicis") e il suo erede e successore adottivo Giovanni detto Calderino (luminare dell’Ateneo, amministratore di Bologna nei Savi e negli Anziani, ambasciatore presso il Papa Urbano V, ma probabilmente non alto di statura, come suggerisce il soprannome). I suoi eredi assunsero il nome di "Calderini", mantenendo nello stemma inquartato con aquile imperiali, azzurro e oro, le teste di cervo sormontate da rosellina a sei petali in luogo della stella d’oro a otto punte degli Ubaldini.
Questi Calderini, che si trasmettevano la cattedra di padre in figlio (anche allora!) erano famosi per la sapienza delle loro donne, mogli e figlie che, dottoresse laureate in legge, li affiancavano e sostituivano come supplenti nell’insegnamento.
Nello stemma comunale la rosellina a petali aguzzi degli Ubaldini è sostituita da una "rosa Tudor", forse in onore di un’altra illustre adozione: la marchesina Christine Dudley di Northumberland, vedova Paleotti che risiedette nell’omonima villa alla meta’ del ’600.
Sopra lo stemma ubaldinesco, nel Comune di Calderara fu imposto il "Capo d’Angiò", che è una fascia azzurra contenente la figura di un rastrello che raccoglie dei gigli d’oro. E’ una onorificenza concesso da Carlo d’Angiò al Comune di Bologna e ad altri dell’Emilia per essersi schierati dalla parte Guelfa contro l’Impero (ricordate Manfredi e la decapitazione del povero Corradino di Svevia?). E’ stato adottato in epoca moderna in quasi tutti i Comuni del Bolognese.
A cura del Gruppo Ricerca Storica di Calderara (2/04/2002)
Ambiente e Territorio
Fino a pochi decenni fa, il territorio di Calderara appariva come l’avevano visto i suoi abitanti per molti secoli.
Edifici rurali sparsi per la campagna, pochissime ville e palazzi signorili, piccoli aggregati urbani nei quali si trovavano: abitazioni per braccianti, botteghe di fabbri e falegnami, rare osterie e alimentari. Tutto era finalizzato alla produzione agricola dei fondi, sul territorio non esistevano ne opifici ne manifatture.
Esso era caratterizzato prevalentemente da viti, zone paludose e maceri per la coltivazione della canapa, campi di grano e erba medica e si allevava bestiame soprattutto per l’utilizzo sul lavoro.
Alcuni disegni di Antonio Bonacursi, fatti nel ’700, sulla pianura Calderarese, ci riportano particolari testimonianze architettoniche, risultate da intrecci tra abitudini locali ed apporti di maestranze specializzate i cosidetti Maestri Comacini.
Alla fine del ’400, nella pianura ed assieme alla diffusione dell’insediamento rurale, si sviluppano le tecniche costruttive.
Nasce in questo periodo la casa "Bolognese" di pianura, fornita di facciata a "capanna" e di torre colombaia. Alla fine del XVI sec. le grosse possessioni agrarie sono spesso fornite di fornaci per la produzione di mattoni.
Dal 1600 si diffonde in pianura la casa ad elementi separati: casa unita a stalla-fienile,casella pozzo e forno, circoscriventi un’aia e a volte un orto-brolo. La torre utilizzata originariamente dai colombi, aumenterà il numero dei fori, diventando così un elemento decorativo.
Nel 1700 si verificano cambiamenti e innovazioni, le dimore rurali assumono l’aspetto di ville, a base quadrata, senza colombaia e staccata dalla "stalla-fienile". Questa tipologia esistente fino a 50 anni fa è visibile ancora oggi.
Osservando attentamente oggi il paesaggio rurale, riusciamo ancora a cogliere alcuni segni della sua origine e della sua evoluzione; i relitti delle piantate, maceri e case coloniche che affiorano quasi surreali dalla monotonia della pianura.
Alcune di queste splendide corti e dimore, di fienili e stalle, divenute nel tempo magazzini e depositi di materiali ma ritenute inadatte ai proprietari a contenere i macchinari necessari alle moderne produzioni agricole, si sono lasciati deteriorare per poi demolirli e sostituirli con capannoni in cemento armato. Le piantate sono state quasi tutte estirpate in omaggio a una malintesa meccanizzazione aziendale.
Il Comune di Calderara ha 200 anni
Due secoli sono lunghi da vivere, più di due vite, anche in questi anni di longevità, ma nella millenaria Europa, per un centro abitato, un paese o una città, corrispondono all’adolescenza.
In questo periodo li compie Calderara, forse il più giovane fra i Comuni della Provincia di Bologna.
Nel 1800, proprio alla svolta del secolo, c’erano campi e vigne, una strada polverosa. Non c’era un abitato ma solo qualche casa colonica, stalle e i ruderi di un convento convertito in casa rustica, con annesso chiesolino.
Esistevano parrocchie, nuclei di abitazioni e ville importanti in altri posti del territorio: San Vitale, Longara, Sacerno, con parrocchie, botteghe, mercati, e una stazione di posta a Tavernelle Alla fine del 1700, con il dilagare nella penisola delle armate francesi che vi esportavano la rivoluzione, la "grande storia" svegliava bruscamente l’antico paese. La colonna di uomini, cavalli e cannoni che, per la Persicetana, calava su Bologna e poi giù fino a Roma e Napoli portava, assieme al disordine e ai saccheggi, nuove parole "libertà, - fratellanza - uguaglianza", una bandiera tricolore, nuovi costumi, calendari, misure e crollavano gli antichi rapporti paternalistici, padronali, pastorali che per secoli avevano regolato la vita delle campagne.
Ci fu il "triennio giacobino", con la fondazione delle repubbliche, scontri sanguinosi di fazioni, arricchimenti sugli espropri di chiese e conventi. Per pochi mesi riprese il vecchio governo con gli Austriaci e i Russi. Poi, proprio nel 1800, ritornò Napoleone più forte che mai, golpista e primo Console in Francia, vincitore a Marengo.
L’Italia - dapprima repubblica, poi suo regno personale, ma temperato da una Costituzione, fu il terreno di esperimento di un ordine europeo, con nuove leggi, nuovo codice, nuova moneta, nuova organizzazione.
Fra il 1802 e il 1804 furono costituiti gli enti locali: Prefetture nelle città, Distretti e Comuni, fra cui i tre, di terza classe di Longara, Sacerno e San Vitale/Calderara. Ebbero dei Sindaci frutto di libera elezione fra i cittadini aventi diritto. Quello di Calderara fu Agostino Carpi, uno degli ebrei che la legislazione rivoluzionaria aveva emancipati e resi uguali, dopo secoli di vessazioni e reclusione nei ghetti.
Assieme al nuovo Comune e al voto piombarono sui cittadini una serie di novità: l’anagrafe, le tasse personali, il servizio militare (che con Napoleone non fu uno scherzo) ed anche l’istruzione obbligatoria, l’igiene e la vaccinazione per i bambini. Ci furono proteste, insurrezioni e il brigantaggio politico che da noi ebbe episodi violenti e rappresaglie.
Dopo pochi anni i tre comunelli vennero fusi in uno solo. Il crocicchio disabitato venne scelto come sede del Comune, perché era in posizione centrale e perché vi abitava, proprio nei resti dell’antico convento, il sindaco Carpi. Poco a poco la contrada è diventata il paese, che è oggi.
Duecento anni non si compiono ogni giorno ed è giusto solennizzarli, celebrarli, ricordare e imparare dal ricordo.
Per questo, durante la Settiamana Calderarese, il 29 maggio alle ore 18, il Sindaco, nella sala del Consiglio Comunale, proclamerà ufficialmente l’apertura del Secondo Centenario di Calderara. Sarà una occasione per riunire la comunità, non tutta originaria di questo luogo, perché immigrata e multietnica, per un articolato programma pluriennale di informazione e di feste da inventare e svolgere insieme.
Riscoprendo la vicenda che ha dato origine al nostro Comune potremo comprenderne meglio le funzioni e i valori, il ruolo degli enti locali in Italia e in Europa e il nuovo assetto federale che si va costruendo.
Sarà l’occasione per trovarci in tanti ad augurare in coro, a questa ragazzotta di due secoli: "Buon compleanno, Calderara!"
Gruppo di ricerca storica